L'Aliacmone (Aliákmonas) è un fiume del nord della Grecia che sorge nella regione dell'Epiro, vicino la frontiera con l'Albania. È uno dei pochi fiumi greci ad aver quasi tutto il suo corso unicamente nel paese. Il fiume scorre per 297 km verso sud-est, poi verso nord-est, attraversa tutta la Macedonia ove si situa anche il monte Athos e sfocia nel golfo termaico, enclave del mar Egeo.
In ragione della secchezza del clima greco, le fonti di approvvigionamento d'acqua rappresentate dai fiumi sono state da sempre considerate come sacre sin dall'antichità. Il fiume è attualmente utilizzato per la produzione di energia elettrica (diverse centrali), lo sviluppo dell'agricoltura intensiva e la fornitura d'acqua di Salonicco, secondo porto greco dopo Atene.
L'Aliacmone si getta tra le foreste di montagna dai profumi mediterranei dell'Epiro e le fertili pianure della Macedonia (cereli, tabacco) che celano molti laghi. Nelle province di Pieria e di Kozani, costeggia delle cave di marmo bianco. Nei pressi del lago artificiale creato dalla diga di Aliacmone si situa il superbo monastero di Zavorda.
Non navigabile, l'Aliacmone permette tuttavia di praticare alcuni sport come il kayak, il rafting, il monoraft o l'hydrospeed. Si può anche pescare con la mosca. Per gli amanti della natura, il triplo delta dei fiumi Aliacmone, Axios, e Loudias, zone lagunari, è classificato come sito Ramsar. A dispetto del degrado dovuto alle infrastrutture fluviali, questo è un formidable osservatorio per gli uccelli, tra cui molte cicogne.
Fonte dei testi
giovedì 31 dicembre 2015
Il Monastero di Zavorda (Ossios Nikanor)
Ubicazione:
Zavorda, Grecia
martedì 29 dicembre 2015
Il Lago di Kastoria
Il lago Orestiada (chiamato anche lago di Kastoria (in greco: Λίμνη Ορεστιάδα) è un lago della prefettura di Kastoria in Grecia. È posto ad una altitudine di 630 metri e copre una estensione di 28 km2.
Nel lago è presente un'isola artificiale con il sito archeologico di Dispilio. Dispilio (in greco: Δισπηλιό, in bulgaro: Дупяк, Dupjak) è un sito archeologico del periodo neolitico, situato su una isola artificiale del lago Orestiada. Il sito si trova nelle vicinanze del moderno villaggio di Dispilio nella Prefettura di Kastoria in Grecia.
L'insediamento lacustre fu scoperto durante il secco inverno del 1932, il quale fece abbassare il livello del lago svelando tracce dell'insediamento. Un'indagine preliminare venne fatta nel 1935 da Antonios Keramopoulos.
Gli scavi iniziarono nel 1992, condotti da George Hourmouziadis, professore di archeologia preistorica all'Università Aristotele di Thessaloniki. L'ambiente paleolitico del sito, botanica, tecniche di pesca, utensili e ceramiche vennero pubblicati informalmente nel giugno del 2000, sulla rivista greca di archeologia Επτάκυκλος, e da Hourmouziadis nel 2002. Un ricostruzione dell'insediamento degli abitatori del lago è stata eretta vicino al sito per attrarre turisti dalla Grecia stessa e dall'estero.
Il sito sembra essere stato occupato per un lungo periodo, dagli stadi finali del Neolitico medio (5600-5000 a.C.) al neolitico finale (3000 a.C.). Una quantità di oggetti vennero trovati, comprese ceramiche, elementi strutturali in legno e i resti di un passaggio in legno, semi, ossa, statuette, ornamenti personali, flauti (uno di essi risale al VI millennio a.C., il più antico che sia mai stato trovato in Europa) e ciò che sembra essere il più significativo ritrovamento: la Tavoletta di Dispilio incisa.
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Ubicazione:
Kastoria 521 00, Grecia
lunedì 28 dicembre 2015
Il lago di Ocrida
Il lago di Ocrida (in macedone: Охридско Езеро, Ohridsko Ezero; in albanese: Liqeni i Ohrit, più raramente Liqeni i Pogradecit (Lago di Pogradec) è uno dei maggiori laghi della penisola balcanica ed è considerato uno dei più antichi della Terra.
Il lago è situato ad un'altitudine di 695 m s.l.m., ha una superficie di 349 km² (370 km² è la superficie del lago di Garda) e la massima profondità raggiunge i 289 m.
Il lago appartiene per circa due terzi alla Repubblica di Macedonia e per il resto all'Albania.
Le città principali sulla costa macedone sono Ocrida (Ohrid) e Struga mentre il centro più importante della parte albanese è la città di Pogradec.
La sua origine risale a più di un milione di anni, il che ne fa il lago più antico d'Europa. L'età è stata determinata con studi effettuati su carote profonde, prelevate alla base dei sedimenti lacustri depostisi sul fondo del lago, prelevate in cinque luoghi del lago nel 2013, per un totale di 2000 metri di carote e pubblicati nel 2014 ad opera di un gruppo internazionale di studiosi.
È il lago con il maggior numero di specie endemiche del mondo: 212 fra specie animali e vegetali; tra queste è nota la fauna ittica caratterizzata da un elevatissimo tasso di endemismo, che pertanto necessita di particolare tutela. Alcune specie di pesci endemiche del lago sono la trota del lago di Ocrida ed il carpione del lago di Ocrida. Per questo suo interesse naturalistico il lago è stato dichiarato patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 1979.
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giovedì 24 dicembre 2015
Lago Slano (Nikšić, Slansko Jezero)
Il lago Slano di Nikšić occupa una superficie di 9 km². È situato ad ovest di Nikšić. È circondato da montagne dell’altezza di 2000m. Questa è un’oasi dalla complessa idrografia carsica.
Il livello dell’acqua varia in dipendenza dalla stagione. Il più delle volte, a seguito delle precipitazioni autunnali, oppure in primavera dalle pendici montuose nelle vicinanze vi si precipita un’enorme quantità di acqua. Allora si può ammirare lo splendido spettacolo di cascate piccole e grandi, che rendono surreali questi paesaggi.
Non è facile fare il giro del lago, visto che è molto ampio, con numerose isole e penisole. Purtroppo, non esiste una buona strada attorno al lago, anche se era prevista già da tempo. Tuttavia, cio’ richiede una complessa pianificazione che rappresenta una sfida.
Il Lago Slano attrae con la sua splendente bellezza, l’acqua, la natura intatta, le specie vegetali ed animali. I pescatori vi possono vivere un'avventura particolare. Il lago è ricco di pesce, sicchè vi vengono spesso organizzate presentazioni turistiche e campeggi. Nei pressi del lago è situato il Centro di sport e ricreazione "Kovče Do".
Il primo insediamento fondato nella zona risale molto probabilmente al IV secolo, quando vi si stabilirono i romani. Il primo nome del centro fu Anagastum, poi traslitterato come Onogost, che fu il nome della città durante tutto il Medioevo. Dopo essere stata controllata dai serbi per alcuni, nel 1373 Niksic cadde sotto il Regno di Bosnia, rimanendo un dominio della famiglia bosniaca dei Kosaca fino al 1448, anno dell’arrivo degli ottomani.
Per oltre 4 secoli la cittadina rimase in mano musulmana, fino alla liberazione montenegrina guidata dal Duca Maso Vrbica del 1877. Con la cacciata dei turchi, Niksic avviò un’importante fase di sviluppo drasticamente interrotta negli ultimi cento anni dall’occupazione tedesca nel 1944 e dalle guerre jugoslave degli anni ’90.
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Ubicazione:
Slansko Lake, Montenegro
Mostar
Fondata nel tardo XV secolo dai turchi ottomani, Mostar era il centro amministrativo dell'impero nella regione dell'Erzegovina. L'Impero Austro-Ungarico annesse Mostar nel 1878. Dopo la I guerra mondiale la città a partire del 29 ottobre 1918 divenne parte dello Stato degli Sloveni, dei Croati e dei Serbi (DSHS), con la capitale a Belgrado, e quando questo il 1º dicembre 1918 fu unito al Regno di Serbia, fu formato un nuovo stato unitario, detto Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni (KSHS), denominato più tardi Regno di Jugoslavia. Durante la seconda guerra mondiale la città fece parte, come il resto dei territori dell'attuale Bosnia ed Erzegovina, dello Stato Indipendente di Croazia, controllato dai nazifascisti.
Dopo la seconda guerra mondiale la città entrò a far parte della Repubblica Popolare di Bosnia ed Erzegovina, che fu una delle sei repubbliche che componevano la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. In quegli anni furono costruite varie dighe per sfruttare l'energia idroelettrica della Narenta.
Tra il 1992 e 1993, dopo che la Bosnia ed Erzegovina in seguito ad un referendum popolare in base all'allora vigente Costituzione della Jugoslavia di Tito dichiarò l'indipendenza, la città fu soggetta ai bombardamenti e ad un assedio lungo nove mesi.
Le truppe serbe e montenegrine, appoggiate dall'Esercito Popolare Jugoslavo (JNA), bombardarono per la prima volta Mostar il 3 aprile 1992 e nelle settimane successive presero il controllo di gran parte della città. Oltre a causare immense sofferenze alle popolazioni locali, i tiri d'artiglieria danneggiarono o distrussero diversi bersagli civili. Tra questi ci furono un monastero cattolico, quello dei francescani, OFM, la locale cattedrale cattolica della Beata Vergine, Madre della Chiesa, il palazzo del vescovo cattolico con l'annessa biblioteca di 50.000 volumi, come pure vari luoghi di culto musulmani (la moschea di Karadžoz-beg, quella di Roznamed-ij-Ibrahim-efendija e dodici altre).
Pochi giorni dopo l'attacco subito, l'8 aprile, i croati d'Erzegovina insieme ai bosniaci musulmani formarono il Consiglio di Difesa Croato (Hrvatsko Vijeće Obrane, HVO) per affrontare le truppe serbe e montenegrine e l'Esercito Popolare Jugoslavo. Più tardi, in quello stesso anno venne fondato a Mostar pure il IV Corpo dell'Esercito della Bosnia ed Erzegovina (Armija Bosne i Hercegovine), principale formazione militare dei bosniaci musulmani. Il 12 giugno le forze dell'HVO, assieme a formazioni più piccole composte da bosniaci, ammassarono abbastanza uomini e armi da costringere le truppe serbe e montenegrine e quelle del JNA a uscire da Mostar. Durante l'assedio che ne seguì, la città continuò ad essere bombardata da postazioni sulle montagne ad est, rimaste in mano delle truppe serbe e montenegrine e del JNA. Nel 1993, i croati bosniaci e i bosniaci musulmani cominciarono una lunga lotta per il controllo di Mostar. I croati lanciarono un'offensiva il 9 maggio durante la quale bombardarono senza tregua il quartiere musulmano, riducendolo in gran parte in rovina, comprese numerose moschee e case del periodo ottomano. Durante la guerra i croati crearono dei campi di concentramento per i musulmani e lo stesso fecero i musulmani per i croati.
Il ponte di pietra del XVI secolo fu distrutto il 9 novembre dal fuoco di un mortaio croato. Nel 2004 ne è stata completata la ricostruzione, contestuale al recupero dell'intera città vecchia, che è stata iscritta dall'UNESCO nella lista dei siti dichiarati Patrimonio dell'umanità. Un cessate il fuoco fu firmato il 25 febbraio 1994. La città rimase divisa tra croati e bosniaci, e solo nel 1996 fu ristabilita la libera circolazione da una parte all'altra della città.
Fonte dei testi
Dopo la seconda guerra mondiale la città entrò a far parte della Repubblica Popolare di Bosnia ed Erzegovina, che fu una delle sei repubbliche che componevano la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. In quegli anni furono costruite varie dighe per sfruttare l'energia idroelettrica della Narenta.
Tra il 1992 e 1993, dopo che la Bosnia ed Erzegovina in seguito ad un referendum popolare in base all'allora vigente Costituzione della Jugoslavia di Tito dichiarò l'indipendenza, la città fu soggetta ai bombardamenti e ad un assedio lungo nove mesi.
Le truppe serbe e montenegrine, appoggiate dall'Esercito Popolare Jugoslavo (JNA), bombardarono per la prima volta Mostar il 3 aprile 1992 e nelle settimane successive presero il controllo di gran parte della città. Oltre a causare immense sofferenze alle popolazioni locali, i tiri d'artiglieria danneggiarono o distrussero diversi bersagli civili. Tra questi ci furono un monastero cattolico, quello dei francescani, OFM, la locale cattedrale cattolica della Beata Vergine, Madre della Chiesa, il palazzo del vescovo cattolico con l'annessa biblioteca di 50.000 volumi, come pure vari luoghi di culto musulmani (la moschea di Karadžoz-beg, quella di Roznamed-ij-Ibrahim-efendija e dodici altre).
Pochi giorni dopo l'attacco subito, l'8 aprile, i croati d'Erzegovina insieme ai bosniaci musulmani formarono il Consiglio di Difesa Croato (Hrvatsko Vijeće Obrane, HVO) per affrontare le truppe serbe e montenegrine e l'Esercito Popolare Jugoslavo. Più tardi, in quello stesso anno venne fondato a Mostar pure il IV Corpo dell'Esercito della Bosnia ed Erzegovina (Armija Bosne i Hercegovine), principale formazione militare dei bosniaci musulmani. Il 12 giugno le forze dell'HVO, assieme a formazioni più piccole composte da bosniaci, ammassarono abbastanza uomini e armi da costringere le truppe serbe e montenegrine e quelle del JNA a uscire da Mostar. Durante l'assedio che ne seguì, la città continuò ad essere bombardata da postazioni sulle montagne ad est, rimaste in mano delle truppe serbe e montenegrine e del JNA. Nel 1993, i croati bosniaci e i bosniaci musulmani cominciarono una lunga lotta per il controllo di Mostar. I croati lanciarono un'offensiva il 9 maggio durante la quale bombardarono senza tregua il quartiere musulmano, riducendolo in gran parte in rovina, comprese numerose moschee e case del periodo ottomano. Durante la guerra i croati crearono dei campi di concentramento per i musulmani e lo stesso fecero i musulmani per i croati.
Il ponte di pietra del XVI secolo fu distrutto il 9 novembre dal fuoco di un mortaio croato. Nel 2004 ne è stata completata la ricostruzione, contestuale al recupero dell'intera città vecchia, che è stata iscritta dall'UNESCO nella lista dei siti dichiarati Patrimonio dell'umanità. Un cessate il fuoco fu firmato il 25 febbraio 1994. La città rimase divisa tra croati e bosniaci, e solo nel 1996 fu ristabilita la libera circolazione da una parte all'altra della città.
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Mostar 88000, Bosnia ed Erzegovina
martedì 22 dicembre 2015
Knin, Šarena Jezera
Tenin (in croato Knin) è una città della Croazia di 15.388 abitanti sul corso del fiume Cherca. La città si trova nella Dalmazia del nord, nella Regione di Sebenico e Tenin a circa 100 km da Spalato. Dal 1050 al 1828 fu sede della diocesi di Tenin.
Dal 1074 al 1088 fu la sede del regno croato del re Zvonimir. In seguito fu soggetta al Regno d'Ungheria e quindi, dal 1522, ai turchi ottomani. Fu conquistata dalla Repubblica di Venezia nel 1688 durante il dogado di Francesco Morosini detto "il Peloponnesiaco" (cosiddetto "Acquisto nuovo", ad eccezione della zona di Stermizza, aggiunta solo con l'"Acquisto Nuovissimo"), e cadde con tutta la Repubblica nel 1797.
Dopo un breve intermezzo napoleonico, fece quindi parte del Regno di Dalmazia soggetto alla dinastia asburgica, fino alla fine della prima guerra mondiale. Durante il periodo veneziano si erano insediate alcune famiglie venete per amministrare la città e la regione circostante. A Tenin, ancora nel 1869 140 capifamiglia su 195 chiedevano per i propri figli scuole in lingua italiana: l'italiano era la lingua di amministrazione, e si ritiene che fosse ancora la lingua della cultura e del commercio, secondo una tradizione che in Dalmazia durava da più secoli. A Tenin nacquero inoltre alcuni esponenti della nobile famiglia Dudan. Nell'Ottocento Tenin fu una della città dalmate che conservò più a lungo un podestà italiano (pur essendo rappresentante del Partito croato Narodna stranka): Lovro/Lorenzo Monti, che difese fino al 1878 la piccola comunità locale di Dalmati Italiani ed il loro diritto ad avere scuole in lingua italiana.
Col patto di Londra Tenin (con tutta la Dalmazia Settentrionale) fu promessa all'Italia, ma col trattato di pace solo Zara fu annessa all'Italia. Tenin entrò quindi nel Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, poi divenuto Regno di Jugoslavia. Successivamente al crollo della Jugoslavia nel corso della Seconda guerra mondiale, il sindaco di Tenin Niko Novakovič, unitamente all'avvocato di Obbrovazzo Boško Desnica, fecero pervenire alle autorità italiane una petizione firmata da oltre 100.000 cittadini serbi, nella quale si richiedeva l'annessione della Dalmazia interna al Regno d'Italia, preferendola al paventato inserimento in un nuovo stato nazionale croato[senza fonte]: ma la sorte della città era già stata definita nei colloqui fra Mussolini e Pavelić del 7 maggio a Monfalcone: Tenin fece quindi parte dello Stato Indipendente di Croazia, pur essendo all'interno della cosiddetta zona di demilitarizzazione, nella quale il governo di Zagabria non poteva attrezzare apprestamenti militari. Mussolini propose nell'estate 1942 di inglobarla nel Governatorato della Dalmazia, assieme alla zona costiera della Croazia di Pavelic, ma dovette desistere.[senza fonte] In quegli stessi anni, ma soprattutto successivamente al crollo dell'Italia, la zona di Tenin divenne teatro di massacri di civili croati da parte dei cetnici di Momčilo Đuić e di civili serbi da parte degli Ustascia croati.
Nella nuova Jugoslavia socialista, Tenin fu capoluogo di una zona della Croazia abitata in prevalenza da serbi, e nel periodo in cui le Repubbliche della Jugoslavia stessa iniziarono il proprio processo di indipendenza dichiarò la propria volontà di secedere dalla Croazia, divenendo capitale dell'autoproclamata Regione Autonoma Serba della Krajina (SAO Krajina) fra la fine del 1990 e la fine del 1991, poi inglobata nella Repubblica Serba di Krajina, che durò fino al 4 agosto 1995.
In tali frangenti la minoranza locale croata venne perseguitata e costretta in gran parte alla fuga, anche a conseguenza del ricordo dei massacri di serbi avvenuti nella seconda guerra mondiale. Dalle zone controllate dalla Repubblica Serba di Krajina le forze paramilitari serbe - appoggiate da reparti dell'Armata Popolare Jugoslava e paramilitari serbi dalla Serbia e dalla Bosnia ed Erzegovina - lanciarono i propri attacchi alle città della costa dalmata. In seguito all'operazione Tempesta (in croato Oluja) del 1995, i croati ripresero possesso della città. Si rividero in senso opposto le scene di pulizia etnica, con la maggioranza serba della popolazione di Tenin costretta alla fuga. Attualmente a Tenin la maggioranza della popolazione è croata, mentre non è stato ancora adeguatamente risolto il problema del ritorno dei profughi serbi.
Fonte dei testi
Dal 1074 al 1088 fu la sede del regno croato del re Zvonimir. In seguito fu soggetta al Regno d'Ungheria e quindi, dal 1522, ai turchi ottomani. Fu conquistata dalla Repubblica di Venezia nel 1688 durante il dogado di Francesco Morosini detto "il Peloponnesiaco" (cosiddetto "Acquisto nuovo", ad eccezione della zona di Stermizza, aggiunta solo con l'"Acquisto Nuovissimo"), e cadde con tutta la Repubblica nel 1797.
Dopo un breve intermezzo napoleonico, fece quindi parte del Regno di Dalmazia soggetto alla dinastia asburgica, fino alla fine della prima guerra mondiale. Durante il periodo veneziano si erano insediate alcune famiglie venete per amministrare la città e la regione circostante. A Tenin, ancora nel 1869 140 capifamiglia su 195 chiedevano per i propri figli scuole in lingua italiana: l'italiano era la lingua di amministrazione, e si ritiene che fosse ancora la lingua della cultura e del commercio, secondo una tradizione che in Dalmazia durava da più secoli. A Tenin nacquero inoltre alcuni esponenti della nobile famiglia Dudan. Nell'Ottocento Tenin fu una della città dalmate che conservò più a lungo un podestà italiano (pur essendo rappresentante del Partito croato Narodna stranka): Lovro/Lorenzo Monti, che difese fino al 1878 la piccola comunità locale di Dalmati Italiani ed il loro diritto ad avere scuole in lingua italiana.
Col patto di Londra Tenin (con tutta la Dalmazia Settentrionale) fu promessa all'Italia, ma col trattato di pace solo Zara fu annessa all'Italia. Tenin entrò quindi nel Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, poi divenuto Regno di Jugoslavia. Successivamente al crollo della Jugoslavia nel corso della Seconda guerra mondiale, il sindaco di Tenin Niko Novakovič, unitamente all'avvocato di Obbrovazzo Boško Desnica, fecero pervenire alle autorità italiane una petizione firmata da oltre 100.000 cittadini serbi, nella quale si richiedeva l'annessione della Dalmazia interna al Regno d'Italia, preferendola al paventato inserimento in un nuovo stato nazionale croato[senza fonte]: ma la sorte della città era già stata definita nei colloqui fra Mussolini e Pavelić del 7 maggio a Monfalcone: Tenin fece quindi parte dello Stato Indipendente di Croazia, pur essendo all'interno della cosiddetta zona di demilitarizzazione, nella quale il governo di Zagabria non poteva attrezzare apprestamenti militari. Mussolini propose nell'estate 1942 di inglobarla nel Governatorato della Dalmazia, assieme alla zona costiera della Croazia di Pavelic, ma dovette desistere.[senza fonte] In quegli stessi anni, ma soprattutto successivamente al crollo dell'Italia, la zona di Tenin divenne teatro di massacri di civili croati da parte dei cetnici di Momčilo Đuić e di civili serbi da parte degli Ustascia croati.
Nella nuova Jugoslavia socialista, Tenin fu capoluogo di una zona della Croazia abitata in prevalenza da serbi, e nel periodo in cui le Repubbliche della Jugoslavia stessa iniziarono il proprio processo di indipendenza dichiarò la propria volontà di secedere dalla Croazia, divenendo capitale dell'autoproclamata Regione Autonoma Serba della Krajina (SAO Krajina) fra la fine del 1990 e la fine del 1991, poi inglobata nella Repubblica Serba di Krajina, che durò fino al 4 agosto 1995.
In tali frangenti la minoranza locale croata venne perseguitata e costretta in gran parte alla fuga, anche a conseguenza del ricordo dei massacri di serbi avvenuti nella seconda guerra mondiale. Dalle zone controllate dalla Repubblica Serba di Krajina le forze paramilitari serbe - appoggiate da reparti dell'Armata Popolare Jugoslava e paramilitari serbi dalla Serbia e dalla Bosnia ed Erzegovina - lanciarono i propri attacchi alle città della costa dalmata. In seguito all'operazione Tempesta (in croato Oluja) del 1995, i croati ripresero possesso della città. Si rividero in senso opposto le scene di pulizia etnica, con la maggioranza serba della popolazione di Tenin costretta alla fuga. Attualmente a Tenin la maggioranza della popolazione è croata, mentre non è stato ancora adeguatamente risolto il problema del ritorno dei profughi serbi.
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Ubicazione:
22300, Tenin, Croazia
lunedì 21 dicembre 2015
Karlobag, Lukovo (Croazia)
Karlobag (Carlopago) si trova in una posizione invidiabile, stretta tra la costa croata del Quarnero che fronteggia l'isola di Pag e le montagne del Velebit, la catena costiera che si snoda per circa un centinaio di chilometri tra Senj e Novigrad. Proprio grazie a questa sua collocazione la città si pone come un oasi ricca della sua combinazione ideale tra clima Mediterraneo e di montagna, e che quindi favorisce il turismo a contatto con la natura e vi da la possibilità di avere un rifugio rinfrescante anche durante le estate più torride o per riprendervi dopo un lungo viaggio di trasferimento.
Karlobag sorge in una regione già nota al tempo dei romani, anche se il nome degli insediamenti doveva essere semplicemente Bag, con una denominazione molto simile alla vicina isola di Pag (Pago) .Il sito contava di una piccola insenatura rintrante delle linea di costa, reso protetto dalle montagne alle spalle che si elevano in poco spazio oltre i 1.000 metri di quota.. Fu solamente nel 14° secolo che, che il luogo assume il rango di città, anche se la sua posizione strategica la rende soggetta ad incursioni feroci, come quelle ottomane che misero a ferro e fuoco la città. L'ultima ricostruzione ebbe termine nel 16° secolo, e fu qui che la città prese il nome ufficiale di Karlobag, in onore dell'imperatore Carlo VI. Da allora la storia della città si è svolta in modo pacifico per secoli, anche con fasi di alterne dominazioni, fino arrivare ai giorni nostri che vedono Karlobag una meta ambita del turismo moderno.
Karlobag si trova circa a metà strada tra Fiume (Rijeka) e Zara (Zadar) i due importanti porti, della costa Croata che hanno collegamenti navali diretti con l'Italia, oltre che essere dotati di locali aeroporti. La strada che collega le due città e quindi anche Karlobag è la la E65 che prende il N° 8 nella nomenclatura croata, ed è una strada spettacolare, a volte stretta tra mare e montagna con scenari di grande fascino, a tratti che incutono una certa soggezione all'autista.
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domenica 20 dicembre 2015
Klenovica, Croazia
Klenovica è un piccolo paese di pescatori sulla popolata riviera dove si trovano anche Crikvenica, Selce e Novi, e si trova all'inizio di una lunga zona (oltre 100 km) della costa poco abitata ed estesa sotto il monte Velebit (oltre 1000m) ricca di baie e insenature e conosciuta per la pesca (tradizionalmente quella del tonno, ormai cessata). Klenovica si trova tra Novi Vinodolski – da cui dista 9km direzione nord – e Senj – da cui dista 15km, e amministrativamente fa parte della Municipalità di Novi, ha 352 abitanti-residenti su una superficie di 4 kmq circa e ospita 6 ristoranti, 4 bar, tre negozi alimentari, un’edicola, un distributore di benzina e un ufficio postale.
Il paese è piccolo, tranquillo e conosciuto per il buon pesce servito nei suoi ristoranti: il porto di Klenovica infatti è un attivo porto di pesca e può accogliere pescherecci più lunghi di 15m. La posizione ai piedi del monte Velebit rende il clima piacevole e fresco anche in estate: tutta la costa ai piedi della montagna è conosciuta per la bora, anche se Klenovica non è particolarmente esposta. Il paese è ideale per famiglie con bambini piccoli: ha infatti una bella spiaggia di ghiaia mista a sabbia, ma anche ciottoli e rocce e il fondale si abbassa gradatamente per qualche metro dalla riva.
Pur essendo un paese piccolo, Klenovica è anche uno dei maggiormente visitati: è vicino a numerose attrazioni, facilmente raggiungibile e un confortevole punto di partenza per l’esplorazione della parte nord della Costa Croata – oltre a Senj e Novi Vinodolski è vicina a Fiume (distante 50km), ad Abbazia (65km), ai Laghi di Plitvice (115km), all’isola di Krk (38km fino a Omisalj, primo paese dell’isola) , all’isola di Rab (70km), all’isola di Pag (80km. Klenovica è anche vicicna ai Parchi del monte Velebit (Parco Nazionale del Velebit Settentrionale e Parco Naturale del Velebit) che con i loro sentieri escursionistici, le piste ciclabili, i belvedere panoramici e i rifugi montani attirano ogni anno migliaia di visitatori.
Le spiagge di Klenovica sono di ghiaia misti a sabbia, ciottoli e rocce, e ombreggiate da pinieta e rigogliosa vegetazione, collegate da una passeggiata con panchine. L'acqua è cristallina e, osservandone il ribollire si possono chiaramente vedere le sorgenti di acqua dolce che nascono direttamente in mare. Il fondale è sabbioso, ricco di granchi e pesci di ogni tipo. Le spiagge non sono attrezzate, e l'entrata in mare è naturale, il fondale si abbassa gradatamente rendendolo adatta anche a nuotatori non esperti e bambini, ma c'è anche un aparte terrazzata con scalette per entrare in acqua.
Non è infrequente che in lontananza si possano vedere nuotare i delfini, testimonianza dell'abbondanza di pesce dell'area. Fino a pochi anni fa, di fronte alla baia di Klenovica si trovava l'isolotto di Sant’Antonio che oggi è divenuta una penisola con la costruzione di un terrapieno di grosse pietre a collegare l’isola alla terraferma: questo argine, che ormai fa parte integrante del paesaggio di Klenovica, protegge le spiagge da grosse onde e forti raffiche di bora.
Fonte dei testi
Ubicazione:
Klenovica, Croazia
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